Mi Rasna ospite al Museo Nazionale Etrusco di Chiusi

Ancora un importante appuntamento per il gruppo Ega. In occasione della Festa dei Musei 2018, sarà il Museo Nazionale Etrusco di Chiusi ad ospitare l’anteprima del videogioco Mi Rasna giorno 19 maggio alle ore 12.

Facciata Museo Nazionale Etrusco di Chiusi

L’antica Camars, una delle dodici città della Dodecapoli etrusca e patria del mitico Lars Porsenna, è sede oggi di un importante museo che raccoglie numerosi reperti provenienti dagli scavi della zona, in modo particolare antichi canopi e pregiati sarcofagi. Il primo museo si componeva di due sale, situate in via Mecenate, con reperti acquistati dalla Commissione Municipale appositamente istituita. Negli anni successivi, scavi e donazioni contribuirono significativamente ad arricchire la collezione, tanto che nel 1874 fu indetto un concorso  per la progettazione di una nuova sede, quella attuale in via Porsenna 93 che fu inaugurata nel 1901. L’allestimento iniziale fu curato dal Soprintendente Luigi Adriano Milani e da Bartolomeo Nogara, direttore del Museo Vaticano Etrusco. Danneggiato durante la seconda guerra mondiale, fu riaperto nel 1948. Divenne un Museo statale solo nel 1963, assumendo il nome di Museo Archeologico Nazionale.

Il riallestimento del 1985, curato da Anna Rastrelli, prevedeva un’articolazione del percorso di visita su tre sezioni principali: la storia della ricerca archeologica a Chiusi e il tema della falsificazione dei reperti e del restauro; lo sviluppo dell’artigianato locale e la sezione topografica (inaugurata nel 1992). L’attuale riallestimento, curato da Mario Iozzo, è del 2003 ed è organizzato in maniera cronologica e tematica.

La prima sala è dedicata all’età del Ferro e del Bronzo, oltre che alla fase “orientalizzante” della produzione etrusca. Importanti sono gli oggetti di manifattura locale e di importazione, come i buccheri con decorazione a cilindretto.

Allestimento interno Museo Nazionale Etrusco

La seconda sala è dedicata alla produzione artigianale chiusina tra VII e VI secolo a.C., e si incentra soprattutto sui canopi antropomorfi, tra i quali il famoso canopo di Dolciano. Un’altra sala è invece dedicata alla scultura in pietra fetida, con statue utilizzate come rilievi o in ambito funerario tra cui spiccano in particolar modo sfingi e donne piangenti. Tra le opere di importazione spiccano le bellissime ceramiche attiche a figure nere, ceramiche a figure rosse, tra cui uno skyphos con una rara rappresentazione di Telemaco del Pittore di Penelope, e ceramiche di imitazione etrusca, sia a figure nere che rosse.

La sezione territoriale ospita invece reperti provenienti dalla zona di Petriolo e dalle necropoli della zona, con corredi databili tra l’VIII e il III secolo a.C. Tra questi spicca per raffinatezza il corredo della Tomba della Pania, con una grande situla in bronzo e il calco della pisside eburnea esposta in originale al Museo archeologico nazionale di Firenze.

Urna in terracotta con defunto con patera e scena di battaglia sulla cassa. Chiusi II sec. a.C.

Al piano inferiore è invece collocata la sezione ellenistica e romana con numerose urne in marmo e alabastro, caratterizzate da un ritratto idealizzato del defunto sdraiato sul coperchio e da scene mitologiche sulla cassa. Le più antiche si ispirano alla mitologia greca, quelle successive presentano tematiche legate all’oltretomba etrusco. Tra gli esemplari più raffinati, l’urna in alabastro di Larth Sentinates Caesa, dalla Tomba della Pellegrina. Chiusi, inoltre, è la città etrusca che ha restituito il più alto numero di iscrizioni di epoca ellenistica, testimonianza del fortunato periodo culturale e di alfabetizzazione del periodo.

L’epoca romana è documentata dall’esposizione di ceramica aretina, sigillata, vetri, bronzi, cippi funerari e alcune statue. Tra questi spiccano un ritratto di Augusto che è considerato una delle più raffinate rappresentazioni dell’imperatore a noi pervenute, una statua acefala e ritratti di III-II secolo. Presente anche un emblema musivo con Meleagro che caccia il cinghiale calidonio e un raro glirarium, contenitore per allevare ghiri, vere e proprie ghiottonerie per la mensa.

Segue infine una sezione dedicata interamente all’arte Longobarda. Chiusi fu in importante Ducato e vi sono esposti vari materiali provenienti da tombe della zona di Arcisa, tra cui armi, fibule e gioielli.

Canopo su trono in bronzo e impasto da Dolciano. Chiusi VII a.C.

Tra i reperti più significativi della collezione non possiamo non parlarvi del Canopo di Dolciano. Di provenienza non esattamente conosciuta, fu danneggiato gravemente da alcuni interventi ottocenteschi e solo in tempi recenti è stato sottoposto ad un restauro radicale e filologico degli elementi. Esso si compone di tre pezzi distinti: un piccolo trono di bronzo sbalzato, un ossuario pure bronzeo e la testa antropomorfa in terracotta. Il trono è della forma consueta dei troni –sedile di epoca orientalizzante con quattro file di quadrupedi reali e fantastici incorniciati entro un fregio. Gli animali derivano dalla tipica tradizione orientalizzante, ma stilisticamente risultano molto semplificati. L’ossuario, invece, è di forma ovoidale, mentre la testa fittile è un esempio  ben riuscito di plastica funeraria chiusina. Il dettaglio e la ricerca di particolari negli elementi del volto non va però interpretato con ricerca ritrattistica. Il pronunciato realismo, tipico di fine VII- inizi VI a.C., va ricercato in una sempre più maggiore adesione al naturalismo, dovuto alla diffusione della cultura greca. per quanto riguarda almeno le parti bronzee, il canopo va attribuito agli ultimi anni del VII secolo a.C. Attualmente il reperto si trova esposto, fino al 18 giugno 2018, presso la mostra internazionale “Gli Etruschi – la cultura mondiale nell’antica Italia” (Die Etrusker. Weltkultur im antiken Italien) nella quale sono esposti il Canopo di Dolciano e l’urna del cosiddetto architetto.

 

Sfinge

Sfinge funeraria in pietra fetida. Chiusi VI sec. a.C.

L’iconografia della sfinge non nasce in Etruria ma in Egitto. Essa si compone di un corpo leonino e di testa umana, ma è successivamente la tipologia della sfinge alata siriana quella che si diffonde con maggiore successo nel bacino del Mediterraneo.  Simbolo di mistero e ancora oggi in parte di significato oscuro, la fama di questo animale fantastico e mostruoso la dobbiamo al mito tebano legato ad Edipo. La popolarità della sfinge è legata principalmente al suo indovinello proposto ai vari viandanti che la incrociavano e che malauguratamente si imbattevano in lei: “qual è l’animale che al mattino si muove con quattro gambe, al meriggio con due e al tramonto con tre? La perplessità del viandante che non scioglieva l’enigma veniva immediatamente punito con la morte. Nell’arte greca e così anche nell’arte etrusca, la sfinge ha una notevole diffusione con frequenti applicazioni su oreficerie ( a partire dal periodo orientalizzante), nonché di sculture a tutto tondo per decorazioni di tombe monumentali di VI e V secolo a.C. Proprio il Museo di Chiusi ne ospita una. In pietra fetida, si data al VI secolo a.C. Legata al mondo dell’oltretomba, permette alle anime dei morti il trapasso nell’aldilà.

 

Sarcofago di Larth Sentinates Caesa

Urna in alabastro di Larth Sentinates dalla Tomba della Pellegrina (podere Pellegrina, Poggio Renzo). Chiusi III sec. a.C.

Fu ritrovato nella Tomba della Pellegrina nel 1928 a due chilometri da Chiusi. Di proprietà della famiglia dei Sentinates, fu utilizzata tra la fine dei IV fino al II secolo a.C. Attualmente visitabile su prenotazione, si presenta costituita da una camera quadrangolare scavata nell’arenaria a cui vi si accedeva tramite un lungo dromos; ai lati vi furono scavate due piccole camere, chiuse da lastre di pietra che fiancheggiavano la camera principale che conteneva cinque sarcofagi e dodici urne di alabastro e travertino, tra cui quella di Larth Sentinantes Caesa.