Mi Rasna si presenta al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria

Lunedì 25 giugno alle ore 11 Mi Rasna sarà presentato al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria.

Coperchio di urna con recumbente femminile in terracotta policroma con tracce di doratura, produzione chiusina, Castiglion del Lago, Goiella, inizi II secolo a.C.

Il museo ha sede nell’ex convento domenicano poco fuori le mura etrusche di Perugia, la cui costruzione ha inizio con la fondazione dell’ordine, nel 1233. Durante il corso dei secoli, il complesso venne ampliato con il completamento del chiostro grande e l’aggiunta del piano porticato. Successivamente venne edificato l’oratorio della confraternita con un grande ambiente voltato e riccamente affrescato, siamo alla fine del Cinquecento. Con l’occupazione napoleonica e l’Unità d’Italia, il convento fu trasformato in caserma militare con uno stravolgimento totale dell’assetto originario. Alla fine della Seconda Guerra mondiale il complesso fu poi occupato dalle milizie tedesche e poi dalle truppe alleate per poi diventare asilo dei rifugiati. Solo a partire dal 1945, ceduto al Comune, l’edificio diventa luogo di cultura ospitando l’Archivio di Stato e i Musei Civici. Nel 1957 le collezioni dei Musei Civici sparse in varie sedi vengono qui riunite da Umberto Calzoni dopo una lunga battaglia burocratica e diventano proprietà dello stato. Nasce così il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria.

Offerente “ombra della sera” in bronzo, Magione, Caligiana, III-II secolo a.C.

Una cospicua sezione di reperti è esposta attorno alle pareti del chiostro dove sono collocate urne provenienti dalle necropoli ellenistiche di Perugia, insieme a materiali romani e alle epigrafi che ricordano la rinascita di Perugia dopo la distruzione dovuta alla guerra contro Ottaviano nel 41 a.C. in un ambiente sotterraneo, inoltre, è stata ricostruita una magnifica tomba, quella dei CAI CUTU (III-II secolo a.C.) con la collocazione dei corredi funerari. Nel loggiato superiore vi sono collocate le urne cinerarie di travertino provenienti dalle necropoli perugine, mentre un nuovo spazio espositivo accoglie materiali e urne della Tomba dei Cacni, oggetto di recupero da parte del Nucleo Tutela dei Carabinieri. La sezione preistorica conduce al percorso espositivo vero e proprio presentando un’accurata sintesi paleoantropologica narrata per immagini e ambientazioni che procede dalla comparsa dell’Homo Sapiens con approfondimenti sul tema delle origini dell’uomo. Dettagliate e accurate sono anche le illustrazioni sulle tecniche di scheggiature della pietra e gli approfondimenti sull’uso culturale delle grotte e sugli abitati. Il percorso cronologico conduce poi al Salone Umbri ed Etruschi dove sono esposti corredi provenienti dal territorio umbro e sull’ala opposta testimonianze invece del mondo etrusco. I reperti, appositamente selezionati, sono infatti esposti in un gioco di parallelismi, con la specifica di delineare i tratti delle due culture, le dinamiche di interazione e di scambi.

Cippo perugino in travertino con scritta etrusca, atto notarile, Perugia, San Marco, III-II secolo a.C.

L’intento, apprezzabilissimo, è proprio quello di narrare attraverso una diacronia l’Umbria attuale, partendo dall’età del Ferro fino al momento romano. Certamente importante anche la sezione dedicata alle necropoli di Perugia, da cui provengono manufatti di estremo valore come il sarcofago dello Sperandio, ceramiche dipinte, bronzi e oreficerie.

La storia della città, invece, viene raccontata attraverso un’esposizione di reperti che abbraccia un arco temporale molto vasto. Dall’età villanoviana, che indica già un sistema abitativo stabile dal IX secolo a.C., si arriva alla città etrusca e poi a quella romana. Lo spazio dedicato a quest’epoca, comprende una serie di materiali, pannelli e fotografie a grande formato che offrono un quadro panoramico ampio della regione assoggettata alla potenza di Roma, dove sono trattati i temi della viabilità, strumenti fondamentali per la penetrazione romana nel territorio umbro, gli aspetti urbanistici ed economici con approfondimenti sugli insediamenti, le attività produttive e gli scambi commerciali. La sezione topografica mira inoltre a rileggere la storia di tutti i municipi, dall’origine fino all’epoca tardo antica, dando un quadro articolato della complessa realtà archeologica dell’Umbria. Una sala apposita è dedicata al “Cippo perugino”, simbolo della Perugia etrusca e reperto di notevole valore storico-archeologico.

Urna in travertino dipinto e stuccato di Arnth Cai Cutus, coperchio con defunto recumbente, casas decorata da giovane con due grifi, appartenente alla famiglia etrusca Cai Cutu, Perugia, Monteluce, via Madonna del Riccio, III secolo a.C.

La tomba etrusca dei Cai Cutu fu rinvenuta a Perugia nel 1983. La sepoltura, al momento della scoperta, era inviolata e gli archeologi durante l’esplorazione hanno trovato cinquanta urne cinerarie in travertino di tipo perugino (di cui due in stucco) e un sarcofago in arenaria, posto lungo la parete della cella centrale, il quale costituisce anche la deposizione più antica. La tomba fu utilizzata per un tempo abbastanza lungo, all’incirca due secoli, dal III al I secolo a.C. Il sarcofago, privo dell’iscrizione nominale del defunto, conteneva i resti di un inumato, sepoltura diffusa a Perugia in età arcaica, mentre già dal III secolo a.C. si preferiva seguire il rito dell’incinerazione del defunto. Quasi tutte le urne presentano sulla cassa o sul coperchio l’iscrizione con il nome del defunto e tutti gli individui di sesso maschile, appartengono alla stessa famiglia, quella dei cai cutu. Il nome composto dagli elementi cai cutu, denota un’origine servile del capostipite, ma nel corso del tempo, prevalse l’usanza di eliminare dalla forma onomastica il nome cai per conservare solo il nome cutu. Nelle urne datate al I secolo a.C., cioè dopo la concessione della cittadinanza romana (89 a.C.), l’iscrizione onomastica è in latino e il gentilizio etrusco cutu viene latinizzato in Cutius. Su una delle urne è ricordata anche la tribù Tromentina alla quale furono ascritti i Perugini.  Le urne cinerarie più antiche, sono quelle deposte per prime e rivestite di stucco. Queste e anche quella con il defunto semisdraiato sul coperchio, si riconducono alla bottega che ha prodotto le urne della famiglia velimna (Volumni in latino), altro importante ipogeo di Perugia. Nella tomba era conservato anche un kottabos in bronzo e i resti di una panoplia (armatura completa) con uno scudo in bronzo, un solo schiniere, uno spadone in ferro, due paragnatidi in bronzo di un elmo. Le pessime condizioni di conservazione della tomba non hanno permesso l’allestimento del materiale nella tomba stessa, si è deciso, perciò, di esporre tutto il corredo all’interno del Museo, riproducendo esattamente la sistemazione dei materiali come nella tomba originaria e così di consentire al visitatore di cogliere immediatamente la disposizione delle urne come avvenuto nel corso di circa due secoli.