RomArché ospita Mi Rasna, Da sfondo all’evento il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

Nella splendida cornice del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia si svolgerà dal 24 al 27 maggio RomArché. Parla l’archeologia, l’evento ad ingresso gratuito dedicato all’editoria archeologica e giunto alla nona edizione. EGA sarà presente all’evento giorno 26 maggio dalle 12.20 in Sala della Fortuna per presentare il videogame Mi Rasna.

Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
By Sara Argiolas [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], from Wikimedia Commons

Il Museo, uno dei più prestigiosi enti nazionali, nasce nel 1889 per iniziativa di Felice Barnabei, politico e archeologo italiano. Il primo nucleo della collezione del museo si formò con alcuni reperti rinvenuti a Falerii (l’odierna Civita Castellana), capoluogo dei Falisci, popolo insediatosi sulla sponda destra del Tevere, territorio oggetto di scavo negli anni 1880. Questa prima esposizione, realizzata tra il 1888-1889, insieme al progetto di Barnabei di creare un grande complesso espositivo, ebbero un riconoscimento ufficiale con l’Istituzione del Museo Nazionale Romano. Il Museo, pur concepito come complesso unico, era suddiviso in due macro sezioni, “urbana” ed “extra-urbana”, sulla base della provenienza dei materiali man mano rinvenuti sul territorio. La prima sezione si venne a formare nei grandi locali annessi alle Terme di Diocleziano, mentre la seconda mantenne la collocazione a Villa Giulia, con l’ambizioso progetto di collocare man mano tutti i reperti che sarebbero confluiti dalle scoperte nella provincia romana. il Museo divenne così il centro delle collezioni dell’Etruria, dell’Agro falisco e Capenate, della Sabina e del Lazio meridionale. Al primo nucleo di reperti del territorio di Falerii si aggiunsero quelli dei centri dello stesso territorio, materiali provenienti dagli abitati, dai santuari e dalle necropoli del Lazio meridionale (Gabii, Alatri, Satricum, Palestrina), dell’Etruria con i centri di Cerveteri e poi Veio, dell’Umbria con Todi e Terni. Pur mantenendo le collezioni originarie, le grandi campagne di scavo di inizio ‘900 e man mano le diverse e nuove competenze territoriali, col tempo hanno mutato l’aspetto del museo, accentuandone la forte impronta etrusca soprattutto con i ricchissimi reperti provenienti da Veio e  Cerveteri. Con la creazione di nuovi spazi negli anni ’30 e man mano un’occupazione sempre più totale di questi, si rese necessario tra il 1950 e il 1970 una riconsiderazione totale del progetto espositivo con una ristrutturazione totale del museo. Oggi, il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia ospita oltre ai reperti provenienti dal territorio fra il Tevere e il mare Tirreno (Alto Lazio) anche ricche collezioni storiche collocate al primo piano della villa: oltre al nucleo antiquario proveniente dal Museo Kircheriano di Roma, la Collezione Castellani con ceramiche, bronzi e oreficerie che comprendono splendidi gioielli antichi e raffinate creazioni ottocentesche opera degli stessi Castellani, orafi tra i più noti a Roma nella seconda metà del XIX secolo.

Tra le opere esposte, figurano alcuni pezzi di particolare importanza, come il Sarcofago degli Sposi da Cerveteri, (VI secolo a.C.); la Statua di Apollo da Veio, in terracotta policroma, da poco restaurata (VI secolo a.C.

Sarcofago degli Sposi

Da Cerveteri (etr. Ceisra, gr. Chaire, Agylla, lat. Caere) proviene uno dei pezzi più celebri del Museo, il bellissimo Sarcofago degli Sposi, in realtà un cinerario che si distingue per le dimensioni eccezionali ( 1,91 metri di lunghezza e cotto in in quattro pezzi). Su una kline dai piedi ben torniti e con un materasso alto che ricade oltre le testate, è raffigurata la celebre coppia di sposi semisdraiata. L’uomo è a torso nudo, mentre la donna è riccamente acconciata con titulus, mantello e scarpe a punta, ambedue con il gomito sinistro poggiato su cuscini. Lo sguardo è rivolto verso lo spettatore con l’uomo che passa il braccio sulle spalle della moglie. Le mani, ritratte in gesti, hanno diviso per molto tempo gli studiosi. Cosa stavano facendo gli sposi? Alcuni hanno ipotizzato semplici gesti di conversazione, altri, ipotesi più verosimile, hanno ipotizzato la presenza di oggetti e cibi per il banchetto, come si è visto anche da coeve rappresentazioni pittoriche di ambito funebre. In questo sarcofago, ritenuto a tutti gli effetti capolavoro della plastica fittile di VI secolo, sono molto chiari gli intenti dell’artigiano, cioè far risaltare il contrasto tra le superfici lisce delle membra e della kline con il gioco dei panneggi a pieghe tubolari. Le teste sono allungate, mento e naso aguzzi, dal taglio quasi metallico, tanto da ipotizzare il calco da un’unica maschera di bronzo. Sono tanti i confronti in ambiente etrusco, sia nello stile che nell’iconografia e permettono di datar l’opera al 520 a.C.

Apollo di Veio

Da Veio proviene invece la statua di Apollo in terracotta policroma, uno dei capolavori dell’arte etrusca della fine del VI secolo a.C. Celebre nel mondo, insieme ad altre statue di grandezza superiore al vero ornava uno dei più importanti santuari del mondo etrusco, quello di Minerva a Portonaccio. Le statue, forse dodici, si ergevano in funzione di acroteri a circa dodici metri d’altezza e in sequenza di due o tre, illustravano eventi mitici legati al mondo greco, in parte collegati al dio Apollo. La statua, insieme a quella di Eracle, formava un gruppo raffigurante il mito, raro persino in Grecia, in cui il dio e l’eroe si sfidavano per la cerva cerinete, dalle corna d’oro e sacra alla sorella del dio, Artemide. Apollo, vestito di tunica e con un corto mantello, avanza verso sinistra con il braccio destro proteso e piegato, forse impugnando l’arco, mentre Eracle, con la cerva legata tra le gambe, si protende verso destra per brandire la clava. Collegata al gruppo doveva essere anche la statua di Hermes, il messaggero degli dei che interviene sulla scena per sedare i contendenti. Il gruppo è concepito per una visione laterale, corrispondente al lato di accesso al santuario. L’identità del maestro che realizzò le sculture è ignota, dagli studiosi è stato chiamato il “Veiente esperto di coroplastica”.